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cuore inchiostro

Anni fa avevo visto per sbaglio il film e l'ho trovato alquanto banale, ma una mia amica mi ha detto che il libro è bellissimo. Colta dalla curiosità, quindi l'ho comprato e l'ho aggiunto alla mia ormai traboccante libreria.

"Cuore d'inchiostro" di Cornelia Funke è un romanzo fantastico per ragazzi facente parte di una trilogia. Narra le avventure di Meggie, una ragazzina amante della lettura che vive con il padre, Mo, un "medico dei libri", ovvero un restauratore che ridona nuova vita ai vecchi volumi rovinati. Un giorno appare alla loro porta Dita di Polvere, un amico di vecchia data di Mo e qui inizia tutto, o meglio: tutto era già iniziato nove anni prima. Suo padre, detto Lingua di Fata, una sera attorno alo fuoco con sua moglie e sua figlia lesse ad alta voce un particolare libro (Cuore d'inchiostro appunto). Come per magia dalle sue pagine uscirono tre uomini in carne e ossa: Dita di Polvere, il malvagio Capricorno e il suo scagnozzo Basta. Nel frattempo però qualcuno scomparve all'interno della storia: la madre di Meggie...

Libro molto carino a mio avviso, ricco di citazioni, poesia e scritto in maniera incalzante. Credo che leggerò anche altri romanzi di quest'autrice, a partire dal secondo volume della trilogia.

 

"I libri erano l'unica realtà dove esistessero la compassione, il conforto, la felicità...e l'amore. I libri amavano tutti coloro che li aprivano, offrivano protezione e amicizia, senza pretendere nulla in cambio. Non ti abbandonavano mai, nemmeno quando li maltrattavi. Amore, verità, bellezza, saggezza e consolazione di fronte alla morte. Chi l'avrebbe detto? Qualcun altro con la passione sfrenata per i libri. Il nome non lo rammentava più, na quelle parole le erano rimaste impresse. Le parole sono immortali... a meno che non arrivi qualcuno e le bruci."

CUORE D'INCHIOSTRO- CORNELIA FUNKE

IL PARADISO DEGLI ORCHI - DANIEL PENNAC

Erano anni che mi promettevo di leggerlo ed infine ce l'ho fatta! Non che si sia trattato di un'impresa epica, visto il numero di pagine, ma era uno di quei libri che mi osservava dalla libreria da tempo e finalmente è stato scelto! :)
Con "Il Paradiso degli orchi" Daniel Pennac dà inizio alla saga dei Malaussène (i cui libri verrano letti a breve dalla sottoscritta). Protagonista e voce narrante è Benjamin Malaussène, un ragazzo di circa trent'anni che nel ruolo di fratello maggiore fa da capofamiglia alle sue sorellastre e fratellastri più piccoli: Louna, un'infermiera incinta piena di dubbi sul proprio futuro; Clara, la sorella prediletta, una fotografa nata con l'ossessione per gli orrori del quartiere di Belleville; Thérese, una chiaroveggente che studia per diventare una segretaria e dattilografa; Jeremy, una piccola peste dalla lingua lungua e l'instinto da bombarolo e infine Il Piccolo, un buffo e timido bambino con i grandi occhiali che disegna mostri e Orchi di Natale.  Ben di lavoro fa il Capro Espiatorio, un mestiere ufficialmente inesistente, ma in realtà molto comune. Assunto dal Grande Magazzino di Parigi come addetto al controllo tecnico (il suo compito in verità  consiste nel farsi ricoprire di insulti dai clienti nell'ufficio reclami) verrà coinvolto a sua insaputa in un caso di esplosioni di ordigni all'interno del luogo di lavoro. La sua natura da Capro Espiatorio lo porta a essere il sospettato numero uno, ma con l'aiuto della sua famiglia, di "zia Julia" (la sua nuova fiamma) e dell'amico/collega Theo, riuscirà a far luce su questo inquietante mistero.
Scritto in maniera incalzante e con un'ironia pungente, Pennac riesce a unire una famiglia tanto bizzarra quanto inusuale a un giallo quasi irrisolvibile. Avevo già letto "Come un romanzo" dello stesso autore e il suo decalogo è diventata una sorta di bibbia per me. Continuerò naturalmente con "La fata carabina", anche perchè Pennac sta già risalendo (e anche velocemente) la mia classifica degli scrittori preferiti ;)

 

"Gli orari della vita dovrebbero prevedere un momento, un momento preciso della giornata, in cui ci si potrebbe impietosire sulla propria sorte. Un momento specifico. Un momento che non sia occupato né dal lavoro, né dal mangiare, né dalla digestione, un momento perfettamente libero, una spiaggia deserta in cui si potrebbe starsene tranquilli a misurare l'ampiezza del disastro."

paradiso

Finalmente sono riuscita a leggerli entrambi e mi sono piaciuti! Cioè, alcune cose le avrei cambiate nella storia perchè non sono finite come volevo, ma nel complesso sono dei buoni libri. Stranamente, pur essendo un classico, è scritto in maniera semplice e scorrevole. Louisa May Alcott era in effetti un'innovatrice per il suo tempo e per la sua condizione di donna. "Piccole donne" racconta la storia di quattro sorelle e del loro passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Meg, la maggiore, è una ragazza vivace e coscienziosa che aspira ai bei vestiti e al grande amore. Jo, la secondogenita, è un tipetto tutto pepe, a cui non interessano i modi e le convenzioni e risulta essere un maschiaccio dalla lingua lunga che aspira a diventare una grande scrittrice. Da un certo punto di vista è anche la protagonista, quella che spicca di più e in lei c'è molto della sua autrice. Poi c'è Beth, una timida ragazza dalla salute cagionevole che adora più di ogni altra cosa suonare il pianoforte e infine la più piccola delle sorelle March è Amy, un'ambiziosa ragazzina con il dono del disegno che rispecchia la perfetta gentildonna, attenta alle mode, ai gesti, alle moine, ma che nell'ambito familiare si rivela capricciosa  e infantile. Naturalmente Jo ed Amy avendo dei caratteri totalmente opposti finiscono sempre per bisticciare per poi far sempre pace. Le avventure delle sorelle sono sempre accompagnate dal simpatico vicino di casa, loro coetaneo, Laurie, un ricco ragazzo che vive con il nonno e adora tutte le piccole March indistintamente, o forse no.

Non rivelo ovviamente i finali per chi non ha avuto l'occasione di leggere i due libri, ma, come dicevo all'inizio, da lettrice avrei preferito un destino diverso per alcuni personaggi, anche se nel complesso finisce come doveva finire. Pur essendo un libro per ragazzi (di qualche anno fa, i bambini d'oggi difficilmente apprezzerebbero) è una piacevole lettura anche per gli adulti, un romanzo di formazione dal tema sempre moderno.

 

"Un anno di vita è sempre qualcosa di compiuto. Accadono spesso fatti negativi che mai si ripeteranno uguali. Ma, nel corso della nostra esistenza, quegli stessi fatti che ci hanno ferito, o solo fatto un po' soffrire, potranno tornare a ripetersi sotto altre forme, in altre situazioni, e se la prima volta abbiamo saputo affrontarli ci faranno soffrire di meno."

 

 

RECENSIONE - PICCOLE DONNE/PICCOLE DONNE CRESCONO - LOUISA MAY ALCOTT

Alcott

Finalmente sono riuscita a finire i cinque libri della Guida. Lettura tanto appassionante (se piace il genere fantascienza-umoristica) quanto incredibilmente incasinata. Iniziamo con il dire ciò che risulta scritto sulla Guida: “Non fatevi prendere dal panico”. Eh già,perché Adams aveva pensato anche a questo, forse l’aveva fatto apposta per impedire che ne venga fatto un riassunto. J Nata come una trasmissione radiofonica per la BBC, la Guida è diventata un vero cult per gli appassionati di fantascienza. Essendo come dicevo, alquanto caotica come storia (sia nel complesso dei 5 libri, sia all’interno di ogni singolo capitolo) tenterò di raccontarvi la storia, o meglio la presentazione della storia, partendo dal presupposto che è una perfetta fusione tra ironia, fantascienza, umorismo all’inglese e intrecci spazio-temporali ed è praticamente impossibile raccontarla in maniera lineare.
Il primo libro, nonché il più celebre, dà anche il titolo all’omonima “trilogia in cinque parti” e al suo interno appaiono i personaggi che saranno i protagonisti dell’intera saga. Arthur Dent, un inglese buono e ingenuo, amante della routine, si ritrova improvvisamente a dover affrontare (contro il suo volere) un lungo viaggio come autostoppista in giro per la Galassia, accompagnato dal folle Ford Prefect. Il suo amico si rivela essere un uomo proveniente da un piccolo pianeta vicino alla stella di Betelgeuse, lavora come recensista per la Guida Galattica per Autostoppisti (una guida/enciclopedia che tratta ogni singolo argomento che può essere utile agli autostoppisti galattici, come una specie di Routard, la nota guida turistica terrestre) e da 15 anni è sulla Terra per studiarla, in attesa di essere “raccolto” da una nave spaziale di passaggio. Dopo tutto questo tempo sul nostro pianeta, le uniche cose che la Guida ha deciso di pubblicargli sono “Terra: Praticamente Innocua”. Arthur scopre che l’amico è un alieno poco prima che una nave Vogon distrugga il mondo per far spazio a un’autostrada interspaziale: ironia del destino, quello stesso giorno la casa di Arthur doveva essere demolita per far spazio a una superstrada. Ford lo salva all’ultimo momento, assieme a un’altra terrestre, Tricia McMillian (detta Trillian), un’astrofisica-giornalista, unica della sua specie a sapere che c’è un’intera Galassia da esplorare oltre alla Terra. Incontreranno poi Zaphod Beeblebrox, un affascinante quanto pazzo amico d’infanzia di Ford con due teste ed ex presidente della Galassia e Marvin, un robot con Caratteriche da Persona Vera e pertanto costantemente depresso. Per vari casi fortuiti finiscono sul pianeta Magrathea dove incontrano il progettista del pianeta Terra (ebbene sì i pianeti vengono progettati a tavolino) e dei topi, razza aliena insediata sulla Terra che ha commissionato il lavoro e che sta ancora cercando la “Risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto”. Questa verrà data da Pensiero Profondo, un gigantesco computer che dopo centinaia di migliaia di anni dà il suo responso: 42, lasciando tutti perplessi e  curiosi a questo punto di sapere la domanda, cosa che il computer elaborerà nei prossimi millenni. La saga continua con avventure apparentemente capitate per caso di pianeta in pianeta, i personaggi si dividono per poi incontrarsi di nuovo, ne incontrano di altri (ancora più assurdi) tra cui persino Elvis Presley, gli eventi che susseguono sembrano pure coincidenze, ci sono colpi di scena, storie d’amore, figli inaspettati, universi paralleli, ristoranti al limite del tempo e dello spazio, situazioni paradossali e assurde, ma che ci hanno insegnato alcune cose:
1) per viaggiare come autostoppista galattico è necessario avere una copia della Guida e portare sempre con sé un asciugamano
2) i delfini, che erano la razza più intelligente e gli unici a sapere dell’imminente distruzione della Terra, in fin dei conti sono stati grati agli esseri umani
3) non esiste una sola dimensione e un solo tempo, ma “Qualunque cosa che accade, accade", "Qualunque cosa che, accadendo, ne fa accadere un'altra, ne fa accadere un'altra.", "Qualunque cosa che, accadendo, induce se stessa a riaccadere, riaccade.”, "Però non è detto che lo faccia in ordine cronologico."

 

(Incipit) “Lontano, nei dimenticati spazi non segnati nelle carte geografiche dell'estremo limite della Spirale Ovest della Galassia, c'è un piccolo e insignificante sole giallo.
A orbitare intorno a esso, alla distanza di centoquarantanove milioni di chilometri, c'è un piccolo, trascurabilissimo pianeta azzurro–verde, le cui forme di vita, discendenti dalle scimmie, sono così incredibilmente primitive che credono ancora che gli orologi da polso digitali siano un'ottima invenzione.”

 

“È importante e risaputo che le cose non sempre sono ciò che appaiono. Per esempio sul pianeta Terra gli uomini hanno sempre ritenuto di essere più intelligenti dei delfini. Sostenevano infatti che mentre loro avevano inventato un sacco di cose, come la ruota, New York, le guerre, ecc., i delfini non avevano fatto altro che sguazzare nell'acqua divertendosi. Al contrario invece, i delfini sapevano da tempo dell'imminente distruzione della Terra e avevano tentato più volte di avvertire l'umanità dell'incombente pericolo; ma i loro messaggi erano stati fraintesi e interpretati come divertenti tentativi di dare calci a palle da football o di fischiare per avere bocconcini prelibati. Così alla fine i delfini rinunciarono e se ne andarono dalla Terra coi propri mezzi, poco prima che arrivassero i vogon.”

DOUGLAS ADAMS - GUIDA GALATTICA PER AUTOSTOPPISTI (il ciclo completo)

guida

Un amatissimo scrittore premio Nobel per la letteratura, dopo aver annunciato al mondo di avere un cancro terminale alle cartilagini, concede in esclusiva un’intervista ai giornalisti, senza sapere che tra loro ce ne sarà una che metterà in discussione la sua intera esistenza. Si potrebbe riassumere così uno dei libri di Amélie Nothomb, una scrittrice belga che personalmente adoro per il suo stile pungente. Un libricino di poco più di un centinaio di pagine, come vuole il suo stile, ma che racchiude una storia diversa dal solito, raccontata quasi interamente sotto forma di dialogo, che dipinge l’essere umano nei suoi difetti peggiori e nelle sue sfumature più bestiali. Prétextat Tach, lo scrittore, racchiude da solo molte di queste sfaccettature e s’impegna, in maniera tra l’altro orgogliosa e sadica, a mettere a dura prova il prossimo mettendo a nudo la sua natura: un uomo incurante del suo aspetto, della sua salute e soprattutto indifferente agli esseri umani. Trae piacere dall’umiliare chiunque che non sia lui stesso, mostrandosi al mondo per la prima volta come un essere misogino, arrogante e senza il benché minimo rispetto e sentimento verso nessuno. A ogni intervista i giornalisti ne escono sconvolti e disgustati, lasciando Tach gongolarsi nella sua crudeltà fino a che non arriva Nina, l’unica tra tutti a tenergli testa e la sola ad aver scoperto qualcosa del suo passato che nessuno avrebbe mai immaginato.

Il libro scorre bene, come tutti i libri della Nothomb da me letti finora. Sempre con la sua consueta ironia mista ad amarezza, anche con “Igiene dell’assassino” è riuscita a conquistarmi. A tratti inquietante a tratti divertente, la Nothomb dipinge varie tipologie di essere umano, in cui il bene e il male coesistono in diverse proporzioni, ma tanta più luce viene emanata, tanta più ombra ne consegue.

AMELIE NOTHOMB - igiene dell'assassino

igiene

OSCAR WILDE: l'importanza di chiamarsi ernest

Come tutte le opere di Wilde anche qui troviamo il suo classico humour e un complicato intreccio. Ho letto per la prima volta “L’importanza di chiamarsi Ernest” alle superiori, ma è sempre un piacere rileggere questa commedia. È credo il lavoro di Oscar Wilde che apprezzo di più, assieme a “Un marito ideale” (“Il ritratto di Dorian Gray” è bello ma un po’ cupo). Lo scrittore mi piace in generale per il suo stile e per la sua ironia e lo trovo uno dei “classici” più attuali che ci siano. A parte le noiose lezioni del liceo sui vari scrittori, questo in particolare mi ha appassionato, tanto da farmi comprare quasi tutti i suoi libri (credo me ne manchino un paio). Tornando però a “L’importanza di chiamarsi Ernest” vorrei fare un’anticipazione per chi non l’ha mai letto. Fare una traduzione perfetta, si sa, è sempre complicato, ma in questo caso quasi impossibile: Ernest in inglese suona come earnest (trad. “serio, a modo”), quindi in italiano non è possibile rendere il gioco di parole, alcuni l’hanno tradotto con “L’importanza di essere onesto” mantenendo il nome Ernest all’interno del libro e spiegandone la scelta. Tutta la pièce gira intorno a questo gioco di parole, infatti i due protagonisti, due scapoli aristocratici, sfrutteranno questo nome per conquistare ciascuno la donna che amano. Wilde infatti, sbeffeggiando l’apparenza e gli atteggiamenti dell’alta società vittoriana, vuole dimostrare come le persone siano più bendisposte verso qualcuno se porta un nome, come in questo caso, evocativo di onestà e di buoni principi morali.

Ernest Worthing è amico di lunga data di Algernon Moncrieff sebbene questo scopra solo all’inizio del libro che in realtà il suo vero nome è Jack. Con Cecily, di cui è tutore, finge di avere un fratello con quel nome  e contemporaneamente di conquistare Gwendolen, la cugina di Algernon. L’amico deciderà di  sfruttare il nome di Ernest facendosi passare per il fratello di Jack per far sì che Cecily s’innamori di lui. La commedia è un susseguirsi di scene divertenti in cui i protagonisti giocano con la propria identità che sarà causa naturalmente di fraintendimenti, magistralmente elaborati da Wilde con un finale a sorpresa. La parte più interessante del libro è, a parte gli aforismi wildiani che tanto adoro, quando lo scrittore, attraverso la bocca dei personaggi prende in giro la società del tempo che tra l’altro lui stesso frequenta. Anche se più volte i personaggi fanno intendere che l’uno o l’altro dei protagonisti abbiano “la faccia da Ernest”, quello che conta in realtà è la sostanza non l’apparenza. Se vogliamo, anche nella nostra società contemporanea quello a cui si tiene maggiormente è l’apparenza, che sia estetica o morale. L’essenza dell’uomo alla fine è sempre la stessa che sia un’epoca o un’altra e spesso purtroppo non importa chi sei, ma chi mostri di essere.

 

“Mi hai sempre detto che ti chiamavi Ernest. Ti ho presentato a tutti come Ernest. Rispondi al nome di Ernest. Hai perfino la faccia da Ernest. Sei la persona più tipo-Ernest che abbia mai visto in vita mia. È assolutamente assurdo che tu dica di non chiamarti Ernest. L’hai scritto perfino sui biglietti da visita.”

ernest

Come “Novecento” anche questo libro di Baricco riesce a concentrare in un centinaio di pagine una straordinaria storia. Lo si legge tutto d’un fiato, coinvolti da delle immagini scritte in maniera tale da sembrare quasi reali. Anche qui si parla di un viaggio, ma invece che a ovest questa volta veniamo trascinati nell’estremo oriente, in Giappone. Personalmente amo le storie ambientate nel Sol Levante, che siano scritte da occidentali o da giapponesi stessi, libri, fumetti, film. Qui però non troviamo samurai, spade o demoni, troviamo invece un mercante francese di bachi da seta, Hevré Joncour, una misteriosa ragazza dallo sguardo penetrante e dei messaggi scritti con inchiostro nero, ideogrammi dai sapori esotici e misteriosi che condizionano inesorabilmente la vita del protagonista. Costretto a viaggiare fino in Giappone per comprare delle uova di bachi da seta, Hevré incontra una bellissima fanciulla di cui s’invaghisce senza conoscere nulla di lei, nemmeno la sua voce o il suo nome. È un amore platonico fatto unicamente di sguardi fugaci e segreti. Sebbene sia felicemente sposato in Francia, il suo animo è completamente stregato dalla misteriosa fanciulla. Quando riceve una lettera scritta in ideogrammi, la sua diventa quasi un’ossessione e si affida a Madame Blanche, una ricca prostituta di origine giapponese, per leggere quei sette fogli dai toni intensi, passionali, ma anche malinconici.

Un romanzo che ti tiene incollato a ogni pagina fino alla fine, quando un’aspettata scoperta ribalta completamente la storia e i sentimenti del protagonista. Baricco riesce a descrivere perfettamente, nel suo stile conciso e poetico, l’animo contrastato e tormentato di Hevré, riuscendo contemporaneamente a  mostrare uno scorcio di Giappone ottocentesco con pennellate lievi e delicate. Lo consiglio vivamente, è un libro veloce e leggero, ma al contempo intenso e coinvolgente. Se amate la scrittura di Baricco, amerete anche Seta.

 

“ Quel che era per noi, l’abbiamo fatto, e voi lo sapete. Credetemi: l’abbiamo fatto per sempre. Serbate la vostra vita al riparo da me. E non esitate un attimo, se sarà utile per la vostra felicità, a dimenticare questa donna che ora vi dice, senza rimpianto, addio.”

ALESSANDRO BARICCO - SETA

SETA

AGATHA CHRISTIE - POIROT SUL NILO

Una delle mie mancanze è non aver letto ancora molti libri di Agatha Christie, ma sto cercando di rimediare. Ne ho letti alcuni e dei suoi tre personaggi più noti, quello che preferisco è sicuramente Poirot. Il primo romanzo di quest’autrice per me è stato Assassinio sull’Orient Express, mi ha praticamente fulminato. Questo mi è piaciuto pure, come peraltro gli altri che ho letto. Devo dire che all’inizio parte un po’ in sordina, c’è un lungo preambolo in cui presenta i vari personaggi e li fa incontrare in una crociera sul Nilo. All’inizio non capivo perché ci mettesse tanto ad arrivare al delitto, poi quando la trama comincia a snodarsi e poi a riannodarsi di nuovo allora sì acquista senso! Come sempre l’assassino potrebbero essere tutti e nessuno allo stesso tempo, ti interessi ad alcuni personaggi e inizi a sospettare di altri, ma fino alla fine la soluzione non traspare, a meno che non ci si chiami Hercule Poirot.
La storia gira tutto intorno a una giovane donna, Linnet, una ricca ereditiera dai modi gentili che nasconde però una natura possessiva e viziata, in viaggio di nozze con Simon, un ragazzo di umili origini che fino a poco tempo prima era fidanzato con Jacqueline, la migliore amica di Linnet, una ragazza spensierata, impulsiva e molto arguta. Linnet è molto conosciuta nell’alta società e la notizia del matrimonio, pubblicata su tutti i giornali, ha suscitato scalpore in quanto tutti si aspettavano sposasse un uomo del suo stesso lignaggio. Vari personaggi, più o meno sconosciuti alla ragazza, decidono, per curiosità o per interesse personali, d’intraprendere un viaggio in Egitto per incontrare i novelli sposi, tra questi una madre apprensiva, la signora Allerton, assieme al figlio arrogante e cinico, una scrittrice in declino, la signora Otterbourne assieme alla figlia Rosalie, un’anziana donna sprezzante e capricciosa, la signora Van Schuyler con l’infermiera e una giovane parente, il medico Dottor Bessner e l’avvocato che amministra i beni di Linnet, Pennington. Hercule Poirot, naturalmente è in vacanza e quando scopre che Jacqueline, impazzita di gelosia, ha seguito Linnet e Simon per tutta l’Europa per vendicarsi del tradimento di entrambi, cerca di dissuaderla dal commettere atti di cui potrebbe pentirsi. Ed ecco che proprio la bella Linnet viene uccisa nel sonno nella sua cabina, ma, com’è logico, niente è scontato e la ricerca del colpevole non è facile come sembra. Indizi, alibi testimonianze e altre due vittime infittiscono sempre più le indagini di Poirot e del suo collega Race.
Una volta che gli avvenimenti prendono il via, il ritmo è incalzante e non riesci più a staccarti dal libro per conoscere la verità e scoprire se le proprie congetture sono esatte. L’ho trovato un buon libro, anche se non al livello di Assassinio sull’Orient Express o Dieci Piccoli Indiani, per i quali ho riempito inutilmente foglietti di block notes con indizi per cercare il colpevole. Un delitto come sempre costruito egregiamente con colpi di scena che fanno cadere le teorie sulla soluzione. L’ambientazione esotica, inoltre, dà quel tocco in più alla storia. La cosa interessante inoltre è che sono posti realmente visitati dall’autrice nei suoi viaggi, quindi descritti in maniera dettagliata e nostalgica.
Se siete amanti dei polizieschi vecchio stile (ma evergreen) vi consiglio anche questo tra i tanti scritti dalla Christie.

 


“La guardò con un’espressione che in parte era beffarda e in parte commossa. E prese a mormorare sottovoce le parole di una canzoncina francese:
La vie est vaine/ un peu d’amour/ un peu de haine/ et puis bonjour.
La vie est brève/ un peu d’espoir/ un peu de rêve/ et puis bonsoir.”

poirot

NEIL GAIMAN/MICHEAL REAVES - IL RAGAZZO DEI MONDI INFINITI

Quanti mondi paralleli possono esistere? Un’infinità. È ciò che scopre Joey Harker, un liceale dai voti mediocri, con una vita sociale non particolarmente intensa e con il senso dell’orientamento  praticamente nullo. Un giorno, durante una prova di orienteering organizzata dallo stravagante professor Dimas, per caso inizia a “camminare” tra un mondo parallelo e l’altro, in cui tutto sembra uguale, ma non lo è: la sua città non è esattamente la sua città, la sua famiglia non è esattamente la sua famiglia e lui stesso non esiste, o meglio, esistono varie versioni di lui stesso. Nel mentre viene rapito dalla perfida maga Lady Indigo, al servizio degli ESA, una delle due organizzazioni dell’Altriverso che cercano di conquistare tutti i mondi del cosiddetto Arco (un’infinità di pianeti Terra, dove regnano magia, scienza o entrambe) e per farlo ha bisogno dell’energia dei Camminatori, ovvero tutti coloro in grado di “camminare” da un mondo all’altro. Joey viene salvato da Jay, un Camminatore che è in realtà un se stesso solo più adulto. A Base Town, dove viene portato, incontra altre versioni di se stesso (tutti Camminatori), frequenta una specie di scuola dove viene addestrato all’uso dei suoi poteri e insieme ai suoi  nuovi amici (Jo, J/O, Jakon, Josef, Jai e il favominide Kolor) inizia un’avventura intergalattica per combattere il male che sta invadendo l’intero Altriverso.

So che di solito non bisogna scegliere un libro dalla copertina, ma alcune volte non riesco a resistere e questa è una di quelle volte. Mi attirava molto la scritta e ho deciso di leggerlo. Si è rivelata una buona idea perché il libro di Gaiman e Reaves mi è piaciuto molto. È un romanzo di fantascienza per ragazzi dallo stile semplice e frizzante, con una buona dose di ironia che non guasta mai. Scritto dal punto di vista del protagonista, la storia si svolge in maniera lineare e veloce e i personaggi sono caratterizzati e ben descritti. Se vi piace il genere ve lo consiglio. Sono un’amante della fantascienza non canonica, come la chiamo io (ovvero quella in cui ci sono scenari post apocalittici o in cui bisogna salvare il mondo dalla distruzione  aliena) e preferisco le storie un po’ più fantasiose, come questa. Bello bello, mi è proprio piaciuto ;)

mondi infiniti

Questa trilogia mi ha davvero rapita, lo ammetto. Era tempo che non leggevo una saga i cui libri risultassero tutti ugualmente appassionanti! L'ho presa colpita dai titoli e dalle copertina (cosa che non si dovrebbe MAI fare!), eppure stavolta ci ho azzeccato. Iniziamo con il dire che l'autore, ho scoperto, è sceneggiatore e produttore esecutivo di alcune serie tv che seguo e mi appassionano, quindi già un punto a suo favore. ;)

Non è il solito genere fantasy, o meglio sì, inteso però per ragazzi, quindi con un linguaggio semplice ma efficace e una storia scorrevole e rapida, non i soliti polpettoni infiniti e complicati o quelli banali e insipidi, diversa dai soliti cliché. Parla di magia, profezie, destino, di lotta tra bene e male (e delle loro sfumature), di speranza e di amore fraterno, il tutto vissuto da tre ragazzi... Le storie che insomma piacciono a me :P Tutto gira, come nella più classica tradizione, intorno al numero tre: tre fratelli (Kate, Michael, Emma), tre libri magici, tre poteri in grado di cambiare le sorti del mondo. L'Atlante di Smeraldo, l'Atlante di Fuoco e l'Atlante di Tenebra, sono sia i tre libri della storia, che i titoli della trilogia. 

Gli elementi di base sono più o meno sempre gli stessi di altre storie (i tre fratelli, separati dai genitori da piccolissimi, passano da un orfanotrofio all'altro con la speranza un giorno di ritrovarli), ma poi il tutto si evolve in maniera originale con la scoperta della magia nel loro mondo, la profezia che definirà il loro destino e la complicità di un mago eccentrico, il dottor Pym, amico dei loro genitori, che li accompagnerà nel loro viaggio tra passato e presente, ombra e luce, distruzione e salvezza. Il nemico che sta sconvolgendo il mondo magico e non ha un nome: Il Ferale Magus e dopo un lungo sonno si è risvegliato con l'obiettivo di ritrovare i tre Libri dell'Inizio e usarli per i propri fini malvagi. Ma non tutto è come sembra e i tre fratelli presto scopriranno che il confine tra bene e male è più sottile di quel che credono.

Una saga che ti fa restare incollato alle pagine dall'inizio alla fine con continui colpi di scena, battaglie, rivelazioni, affiancati dalla crescita personale dei singoli protagonisti e la loro evoluzione.

Come sempre, quando decido di fare una recensione, consiglio questi tre libri a chi come me ama il fantasy per ragazzi e la magia nella sua forma più semplice e immediata.

RECENSIONE: la trilogia dei LIBRI DELL'INIZIO - JOHN STEPHENS

libri dell'inizio
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